a cura di Tiziana Cazzato
Dopo
aver letto il primo romanzo di Alberto Colangiulo (Il tesoro di Sant'Ippazio), ho atteso con
ansia il suo secondo lavoro letterario. Ho atteso, che l'autore
tornasse, citando egli stesso, sul luogo del delitto; che
tornasse presto a regalarci una nuova straordinaria storia.
Ed
ecco che con l'arrivo dei primi giorni di luglio, in un'estate che si
sta rivelando davvero tanto, troppo calda, mi ritrovo “sbalzata”
in un magnifico posto di mare, in un porto della meravigliosa costa
del Basso Salento
a seguire il maresciallo
Gerardi e l'appuntato Nardi in un'indagine sullo sfondo di uno degli
spettacoli più belli della natura, il mare d'inverno.
In
un noir avvincente, in cui l'autore, che conferma il
suo talento e rivela maggiormente il valore della sua scrittura,
ci ritroviamo a vivere il posto di Trecaze, nel silenzioso
mese di novembre, quando le voci e la vivacità dei numerosissimi
turisti tacciono e gli abitanti del luogo ritornano alla loro
quotidianità, riscoprendo e ridonandosi la bellezza di quanto hanno
offerto e condiviso con i visitatori.
Ed
è in
questo piccolo e remoto angolo del mondo che una tempesta conduce il
Vara, un anarchico veneziano: la sua vela e distrutta e nel porto di
Trecaze non solo trova rifugio, ma una nuova vita da regalare a se
stesso e agli abitanti del
luogo. La sua birreria, sorta proprio sul molo del porto, diventa un
luogo di ritrovo per chi ha voglia di libertà, per chi vuole sognare
ad occhi aperti ed ascoltare della buona musica. Il Vara, infatti,
pizzica la chitarra da dio, e
con la sua voce incanta,
nello stesso modo in cui egli è stato incantato dalla bellezza di
Teresa, per la quale ha cambiato i suoi sogni e la sua vita. È per
Teresa che il Vara ha lasciato il mare e ha cercato di ricostruire in
quel porto una nuova piccola Venezia.
Tutti
amano il Vara, amano la sua cucina, la generosità con cui offre
sapori, profumi e suoni. Tutti lo venerano. Forse. Perché in un
mattino di fine novembre il corpo di questo affascinante personaggio
è ritrovato in una marmitta a
galleggiare. Il mare lo aveva portato e al mare qualcuno l'ha
riconsegnato, come un invito a riprenderselo e a riportarlo via.
Il
maresciallo Gerardi indaga con una discrezione e un'attenta
osservazione di luoghi persone, vicende e ancora una volta scopre un
angolo di vita di un luogo che sembrava nascosto e sconosciuto ai
suoi occhi. Il suo sguardo si apre sulla bellezza del mare d'inverno
che regala vertigine e svuotamento, riuscendo a trovare risposte
anche nel testo di una meravigliosa canzone di Fabrizio De Andrè,
che non è solo colonna sonora della storia, ma anche un meraviglioso
accordo che risuona in perfetta armonia con la musica di queste
pagine.
Pagine
che cullano, “scaraventano”
il lettore in emozioni forti, continue, in una lettura spettacolare,
ricca di suspense e
freschezza, affascinandolo con i colori, i sapori e i profumi del
mediterraneo.
“Teresa
ha gli occhi secchi” , edito da Lupo Editore, è un romanzo da leggere, vivere e soprattutto gustare. In ogni senso. In attesa che il nostro Alberto Colangiulo torni ancora una
volta sul luogo del delitto.
Il booktrailer:
Nessun commento:
Posta un commento